I Produttori

Critical Wine – Terra è Libertà

“…Il vino non è solo vino: è terra, lavoro, cultura , socialità.

Il vino è anche lotta: in Valle di Susa, quelle vigne che sono sopravvissute all’autostrada e che ora continuano a resistere, imprigionate dentro i cancelli della “zona rossa”, alla devastazione TAV, sono il simbolo caparbio e liberatore di una collettività che concretamente e con coraggio si batte giorno dopo giorno contro l’esproprio della terra e della vita di tutti e di ognuno. Le vigne invase dai lacrimogeni; le vigne che ci hanno sempre offerto una via di fuga, una traccia sicura per aggirare i posti di blocco; le vigne curate con amore, protette con fatica, nonostante gli arbitrii e i divieti polizieschi.

I vignaioli non si sono mai piegati alle angherie, tante, continuate, di chi, imponendo controlli di documenti e divieti, si frapponeva al loro lavoro, alll’ impegno  quotidiano, indispensabile perché la vigna non muoia e continui a fiorire e a dare frutti e bellezza a questi nostri luoghi scarsi di terra e ricchi di roccia.

In quegli scampoli di terreno coltivabile, murati tra pareti di pietra, raggiungibili con difficoltà e da lavorarsi con sudore trova perfetta corrispondenza la tenacia della lotta NO TAV, nata contro le certezze di chi pensava di poter facilmente distruggere storie di uomini e di natura.

Il vino è anche ricordi d’infanzia.

Si chiamava Vigia. Era un’anziana donna che a me bambina sembrava vecchissima.

Coltivava una piccola vigna in una campagna che non esiste più, mangiata da industrie e magazzini. Alle spalle si stendevano le propaggini del Musinè sparse di massi erratici tra le macchie di roverelle.

La vigna era centenaria, superstite di un mondo già al tramonto: vecchie viti, qualche alberello di pesche, un grande melo che in autunno si caricava di piccoli frutti rossi dal sapore acidulo.

Vigia passava le sue giornate a curare quelle viti che rappresentavano per lei la famiglia e la sua unica umile ricchezza.

Alla vendemmia invitava tutto il paese, che arrivava munito di forbici e cestini.. Anch’io ci andavo, insieme ai miei cugini.

Mentre gli adulti tagliavano, noi esploravamo i luoghi intorno, tra la curiosità e il timore, come in ogni grande avventura.

La vendemmia durava poco: un giorno ed era già finita, tanti erano i raccoglitori rispetto all’uva da raccogliere.

Il momento più atteso era la merenda nel casotto, sotto il tetto di canne. Vigia aveva preparato ogni ben di dìo e si mangiava allegri, tutti insieme.

A sera si tornava a casa, ognuno col suo cesto d’uva in regalo; l’uva sarebbe durata fino a Natale, appesa davanti alle finestre, ad appassire.

Dopo la vinificazione ci arrivava ancora il prodotto di quella vendemmia. Ce llo portava Vigia, in fiaschi, quando capitava a pranzo da noi. Era un vino leggero e asprigno, che il più delle volte aveva un vago sentore di muffa. Vigia faceva quel che poteva, tutto da sola; ma il dono era generoso e il vino genuino. I miei genitori, per farle piacere, me ne facevano assaggiare un fondo di bicchiere, ed io quel vino lo amavo, perché sapeva di vendemmia e di luoghi favolosi….Ed era Vigia, tra fata e strega, la donna più generosa che io abbia imparato a conoscere durante gli anni della mia ormai lunga vita.

Nei vignaioli che incontriamo lungo questa affascinante esperienza del Critical Wine continuo a cercare Vigia, quel suo sapere umile e paziente.

 E nelle vigne della Clarea, piccole e scabre, arrampicate su pendii inaccessibili se non al lavoro di braccia e di zappa, rivedo quella vigna della mia infanzia, quella socialità buona per cui la terra era madre, compagna,  promessa di futuro…….”